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Che cosa vuol dire sostenibilità?

Detta così, sembra la classica domanda da un milione di dollari, una di quelle domande a cui è impossibile dare una risposta completa e definitiva. Ci sono però alcuni punti fermi da cui possiamo partire per dare una definizione di sostenibilità, e provare a renderla un concetto un po’ più concreto.

La nascita dell’idea di sviluppo sostenibile

La parola “sostenibilità” è ormai così diffusa nel linguaggio quotidiano che sembra sia sempre esistita. In realtà, è un concetto abbastanza recente, utilizzato per la prima volta negli anni ‘70 nella prima conferenza ONU sull’ambiente.

Il concetto è stato poi propriamente definito nel 1987 all’interno del Rapporto Brundtland, un documento della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite. Il Rapporto include questa definizione di sviluppo sostenibile (la traduzione italiana è mia):

🇬🇧 “Sustainable development is development that meets the needs of the present without compromising the ability of future generations to meet their own needs.”

🇮🇹 “Lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni.”

Da questa definizione emerge con chiarezza uno dei concetti chiave da tenere sempre presenti quando si parla di sostenibilità: il tempo.

Perché si possa parlare di sostenibilità, o di sviluppo sostenibile, bisogna sempre considerare sia quali sono i bisogni da soddisfare che l’impatto delle azioni che compiamo, su diversi orizzonti temporali: brevi, medi e lunghi.

Se per soddisfare i bisogni di oggi compromettiamo i bisogni delle generazione future, non c’è sostenibilità perché non garantiamo che i bisogni possano essere soddisfatti anche nel lungo periodo.

Se per garantire i bisogni delle generazioni future compromettiamo la soddisfazione dei bisogni del presente, non c’è sostenibilità perché non garantiamo che i bisogni siano soddisfatti anche nel breve periodo. (E la rinuncia alla soddisfazione dei propri bisogni è in ogni caso una condizione di per sé non sostenibile, perché nella generazione presente resterebbe una spinta molto forte a modificare lo status quo.)

La storia dell’Isola di Pasqua

La definizione di sostenibilità del Rapporto Brundtland fornisce già un’indicazione chiara degli aspetti da tenere presenti per uno sviluppo sostenibile nel presente e nel futuro.

Per entrare più nel concreto, può però essere utile utilizzare un esempio di qualcosa che è già accaduto, e quindi del passato. E un ottimo esempio di questo tipo è la storia di Rapa Nui, ovvero l’Isola di Pasqua.

Quando gli europei sbarcarono per la prima volta sull’Isola di Pasqua, si trovarono davanti a delle statue gigantesche, i Moai, disseminate ovunque. Dato che Rapa Nui è completamente priva di alberi, sembrò impossibile che la popolazione dell’isola potesse averli innalzati con le proprie forze e tecnologie.

I Moai

Questo mistero è una grossa componente del fascino e della fama che l’Isola di Pasqua ha esercitato nei secoli successivi, spingendo sempre più europei e americani a visitare l’isola (e provocando come prevedibile la fine della popolazione locale).

Le ricerche archeologiche e biologiche che sono state fatte nel corso del tempo, con lo scopo di risolvere il mistero dei Moai, hanno portato alla luce diversi elementi della storia dell’isola. Molte di queste scoperte non sono “definitive”, ci sono ancora molti punti incerti o oscuri, ma si può comunque ricostruire un racconto coerente, che ci restituisce un messaggio molto chiaro sul tema della sostenibilità.

In particolare, la scoperta che più ci interessa è quella che riguarda la vegetazione dell’isola: Rapa Nui non è sempre stata priva di alberi, anzi. Quando gli esseri umani sono arrivati sull’isola per la prima volta, Rapa Nui era ricoperta di alberi.

Questi alberi sono stati però progressivamente tagliati, per la costruzione dei Moai ma non solo (ad esempio anche per la costruzione delle imbarcazioni), ad una velocità tale che la vegetazione non è stata in grado di rigenerarsi abbastanza velocemente da sostituire gli alberi tagliati.

La popolazione di Rapa Nui quindi non è stata in grado, usando le parole del Rapporto Brundtland, di soddisfare i propri bisogni tenendo in considerazione quelli delle generazioni successive.

Nella storia dell’umanità ci sono stati (purtroppo) tantissimi esempi di eccessivo sfruttamento delle risorse, ma l’esempio dell’Isola di Pasqua è significativo perché l’impatto negativo non è stato solo sulla natura, sulla vegetazione, ma sulla popolazione stessa. La perdita degli alberi, e quindi del legno, è stato infatti un fattore che, molto probabilmente, ha contribuito alla riduzione della popolazione, e al peggioramento delle condizioni di vita.

La popolazione era a quel punto bloccata sull’isola: senza legno non si potevano più costruire imbarcazioni, e Rapa Nui si trova a migliaia di chilometri da qualsiasi altra terra emersa. Possiamo dire che non avevano un piano di riserva, un’altra isola in cui spostarsi.

La storia di Rapa Nui è quindi un monito, un esempio su scala inferiore di quello che stiamo facendo al pianeta Terra. Non potremo scappare una volta che l’avremo distrutta, perché non abbiamo un altro pianeta, un pianeta B, su cui spostarci.

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GIULIA RONCORONI

Sono Giulia Roncoroni e il mio lavoro è accompagnarti nel lancio e nello sviluppo della tua idea di business.
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