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Diritto d’autore e partita IVA

Il compenso per diritto d’autore è percepito da chi cede a terzi il diritto di sfruttamento di una propria opera, quale, ad esempio:

  • un articolo giornalistico, anche per il web
  • un’opera letteraria
  • una composizione musicale
  • un’opera d’arte figurativa
  • una sceneggiatura per il cinema o la tv
  • una fotografia

Quando si tratta di incassare i compensi per diritto d’autore c’è a volte un po’ di confusione sulle regole da rispettare e quante tasse andranno pagate. Vediamo quindi, andando con ordine, cosa fare per non sbagliare.

Come si tassa il diritto d’autore

Dal punto di vista fiscale, i compensi sono considerati redditi di lavoro autonomo. Tuttavia, è possibile certificare questi compensi con una semplice ricevuta, senza emettere fattura e senza aprire la partita IVA.

L’autore dell’opera deve quindi rilasciare una ricevuta, e riceverà il compenso al netto di una ritenuta d’acconto. Fanno eccezioni i casi in cui il diritto di sfruttamento sia ceduto a clienti esteri. In questo caso, infatti, dovrà essere rilasciata una ricevuta ma il compenso verrà incassato per intero, senza subire alcuna ritenuta.

Il reddito per diritto d’autore dovrà essere indicato fra i redditi diversi nel Modello 730 (quadro D) o nel Modello Redditi (quadro RL). Questo reddito sarà quindi sommato agli altri redditi Irpef e tassato in modo ordinario.

Non è possibile dedurre dai compensi per diritto d’autore i costi sostenuti per realizzare le opere, quali i materiali utilizzati, le spese di viaggio ecc. Tuttavia, si ha diritto ad una deduzione forfettaria, che riduce comunque il reddito da tassare. La deduzione è pari:

  • al 40% del compenso se l’autore ha meno di 35 anni
  • al 25% del compenso negli altri casi

Come funziona la ritenuta d’acconto?

Quando si rilascia una ricevuta per diritto d’autore, il committente deve pagare il compenso al netto di una ritenuta d’acconto. La ritenuta è pari al 20% del reddito netto da diritto d’autore, ovvero il compenso al netto della deduzione forfettaria del 25% o del 40%.

Quindi, la ritenuta sarà pari:

  • al 12% se l’autore ha meno di 35 anni
  • al 15% negli altri casi

La ritenuta è, in pratica, un acconto sull’Irpef di chi ha ceduto il diritto di sfruttamento della propria opera. Nella dichiarazione dei redditi dovrà quindi essere indicato il compenso al lordo della ritenuta, e si potranno scontare dalle tasse da pagare le ritenute subite.

Partita IVA e diritto d’autore

Magari hai già la partita IVA, perché oltre alla cessione di diritto d’autore ricevi compensi per altre attività professionali, come ad esempio la consulenza.

In questo caso, per sapere come comportarti devi verificare se l’attività che svolgi con partita IVA è correlata all’opera di cui stai sfruttando il diritto d’autore.

Ad esempio, spesso i giornalisti aprono comunque la partita IVA, perché possono ricevere compensi per attività diverse dalla pura redazione di articoli. In questo caso, le due attività (diritto d’autore e partita IVA) sono strettamente collegate fra loro.

Nel caso in cui le due attività siano collegate, si emette una fattura anche per i compensi da diritto d’autore. La differenza sta nel trattamento IVA delle diverse tipologie di compensi. Infatti, la fattura per diritto d’autore sarà emessa senza IVA a prescindere dal regime fiscale del giornalista, con la dicitura “operazione fuori campo IVA ai sensi del articolo 3, quarto comma, lettera a) del DPR n 633/72 “.

Se invece, ricevi un compenso per diritto d’autore per un’opera che non ha nessun collegamento con l’attività che svolgi con la tua partita IVA, potrai certificare il diritto d’autore con una semplice ricevuta con ritenuta d’acconto, come se non avessi la partita IVA.

In entrambi i casi, comunque, subirai una ritenuta del 20% sul reddito da diritto d’autore, al netto della deduzione forfettaria del 25% o del 40%.

Diritto d’autore e regime forfettario

Se hai una partita IVA in regime forfettario, il funzionamento è simile a quello che abbiamo visto nel paragrafo precedente. Quindi, innanzitutto occorre capire se il diritto d’autore è correlato alla tua attività professionale.

Se le due attività sono collegate fra loro, dovrai fatturare il diritto d’autore come fai per gli altri compensi. In questo caso, come accade per le altre fatture che emetti, non subirai alcuna ritenuta d’acconto.

Ricordati anche che, se il diritto d’autore è collegato con l’attività svolta con la partita IVA, i compensi per diritto d’autore rilevano per il calcolo del limite massimo di ricavi di 65.000 euro, al superamento del quale l’anno successivo dovrai uscire dal regime forfettario.

Se, invece, il diritto d’autore non ha nulla a che fare con la tua attività, puoi emettere una semplice ricevuta, questa volta con applicazione della ritenuta d’acconto.

GIULIA RONCORONI

Sono Giulia Roncoroni e il mio lavoro è accompagnarti nel lancio e nello sviluppo della tua idea di business.
Il mio obiettivo è far sì che le preoccupazioni e le difficoltà della partita Iva abbiano il più piccolo impatto possibile sulla tua quotidianità.
Così che tu possa usare il tuo tempo e le tue energie per sviluppare le tue idee e le tue creazioni, fare felici i tuoi clienti e, perché no, vivere la tua vita!

2 commenti su “Diritto d’autore e partita IVA”

  1. Mi scusi, sono uno sceneggiatore televisivo e non mi è chiara questa cosa: ho un contratto per la prestazione e uno per la cessione dei diritti della medesima opera oggetto della prestazione… emetto due fatture distinte a fine mese, una per la prestazione e una per la cessione dei diritti… ma la seconda contiene anche l’iva. È corretto? La mia commercialista opera così e solo ora leggo che invece, forse, non sarebbe soggetta a iva. Altra cosa: i redditi percepiti dalla cessione dei diritti, dove vanno in dichiarazione? Nel riquadro RL? E quelli che arrivano invece dalla Siae? Grazie se vorrà chiarirmi questi dubbi

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